Bertinoro è rimasto un tipico borgo medievale e nel suo centro storico è usuale vedere le strade ciottolate arrampicarsi verso la Rocca ed attiguamente alle mura.
Gli studi archeologici rivelano che la comparsa dell'uomo in questo territorio risale all'età del ferro e che il primo nucleo abitato si stanziò in una zona a valle, verso la Fratta, in località Casticciano, frazione che attualmente conta pochi abitanti.
Un primo sviluppo di quella che oggi è Bertinoro avvenne con la costruzione di importanti arterie di comunicazione che collegavano questa parte di Romagna con le grandi città romane di Forlì e Rimini.
La costruzione della Via Emilia determinò la formazione di vari posti di guardia e pare che il primo centro abitato sia stato elevato a Municipio Romano col nome di Forum Truentinorum, con la funzione di avanposto strategico.
La sua distruzione avvenne tra il IV ed il V secolo a causa delle invasioni barbariche che costrinsero la popolazione a spostarsi e a ritirarsi sul monte Cesubeo, luogo più riparato e sicuro, composto dalla Rocca e dalle imponenti mura merlate con i torrioni.
Con l'avvento del Medioevo, Castrum Cesubeum, antico nome del monte su cui venne costruito l'attuale Bertinoro, si munì di un' imponente rocca che nel 1177 ospitò Federico Barbarossa e la sua corte, e di una cinta muraria in grado di ripararla anche dagli attacchi più violenti, considerando anche che i torrioni e le mura furono perfettamente inseriti sugli speroni di roccia naturali che già da soli rappresentavano un bastione di difesa per la città.
Sotto il Regno di Ottone III , imperatore del Sacro Romano Impero dal 996 alla sua morte avvenuta nel 1002, la denominazione del luogo passò da Castrum Cesubeum a Castrum Brittinori, forse per il particolare senso di ospitalità dei suoi abitanti verso i pellegrini provenienti da Roma e diretti verso le terre britannie o viceversa e la cui usanza era quella di fare tappa sul colle Cesubeo per ristorarsi, da cui il nome di Castrum Brittinori ovvero Castrum dei Britanni, la quale divenne , tra l'altro, una contea separata dalle altre città formanti l'esarcato.
Nel 1005, Ugo degli Onesti ricevette in feudo il castello, fino ad allora di proprietà della Chiesa ravennate, dando così vita alla casata dei Conti di Bertinoro.Tornato nel 1048 alla Chiesa ravennate, a cui rimase per i due secoli successivi, Bertinoro fu al centro di continue lotte fra diverse famiglie romagnole (Calboli, Ordelaffi, Polenta, Malatesta) tra il XIV ed il XV secolo.
Per volere di Pino degli Ordelaffi, nel 1306 venne affiancato alla rocca il Palazzo Comunale che ancora domina la piazza centrale di Bertinoro e che divenne sede del nuovo comune bertinorese.
Sempre in questi anni Bertinoro venne abbellita con la 'Colonna delle Anella' detta anche dell' Ospitalità, presente tuttora in Piazza della Libertà a fianco del Palazzo Comunale e con una serie di opere architettoniche, tra cui la costruzione nel 1500 della Cattedrale.
Tra il 1360 ed il 1363 il cardinale Albornoz s' impadronì della rocca per condurre sanguinose azioni di conquista nel territorio romagnolo e dopo aver distrutto la città, trasferì nella rocca sia la sede episcopale che il suo comando militare.
Per volere dei pontefici, dal 1378 la rocca passò in feudo ai Malatesta di Cesena, i quali ristrutturarono ed abbellirono la costruzione e rimasero a capo di Bertinoro fino al 1493, anno in cui il castello passò nelle mani di Caterina Sforza.
Nel 1500 vi soggiornarono anche membri delle famiglie Borgia e Sforza che vi dominarono dal 1500 al 1503, e verso la fine dello stesso secolo, il castello tornò in possesso della Santa Sede diventando sede vescovile.
L'origine del nome ' Bertinoro' è legata a varie leggende popolari, tra le quali, la più amata dai bertinoresi, racconta di come Bertinoro derivi il suo nome da Galla Placidia, figlia dell'Imperatore Teodosio.
La leggenda racconta che la principessa romana, dopo aver assaporato un delizioso vino bianco chiamato 'Albana', offertole dagli abitanti del luogo in un'umile coppa di terracotta, avrebbe esclamato: "Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro".